Domenico Tomaselli
Risposta del 09/02/2024 10:27
Buongiorno sig. Mazzetti, al fine di rendere più fruibile la conversazione mi contatti al seguente numero [rimosso] XXX. Cordialità
Risposta del 11/12/2021 14:30
Buongiorno, sono disponibile per una consulenza preliminare sulla questione. A tal fine mi occorre studiare la sua situazione con tutta la documentazione a corredo in suo possesso. attendo sue. Avv. Domenico TOMASELLI contatti: [rimosso]
Risposta del 11/12/2021 14:30
Buona sera, da quel che leggo ci sono buone prospettive. Mi contatti in privato ai seguenti contatti: [rimosso] XXX [rimosso]
Risposta del 11/12/2021 14:30
Caro [rimosso] , il suo caso attiene alla materia della responsabilità medica e, in particolare, sul consenso informato. Tenga presente che in tema di responsabilità civile nell'attività medico-chirurgica, l'ente ospedaliero risponde a titolo contrattuale per i danni subiti da un privato a causa della non diligente esecuzione della prestazione medica da parte di un medico proprio dipendente ed anche l'obbligazione di quest'ultimo nei confronti del paziente, ancorché non fondata sul contratto, ma sul «contatto sociale», ha natura contrattuale, atteso che ad esso si ricollegano obblighi di comportamento di varia natura, diretti a garantire che siano tutelati gli interessi che sono emersi o sono esposti a pericolo in occasione del contatto stesso. Di recente con la sentenza n. XXXXX del XX settembre XXXX , ad esempio, i giudici hanno chiarito che l'informazione esatta sulle condizioni e sui rischi prevedibili di un intervento chirurgico o su un trattamento sanitario, ovvero il c.d. "consenso informato", non è solo un obbligo o un dovere che attiene alla buona fede nella formazione del contratto, bensì è elemento indispensabile per la validità del contratto stesso, che richiede un consenso consapevole del paziente, nonché elemento costitutivo della "protezione" garantita a livello costituzionale e dalle altre norme di diritto positivo, tese "ad aumentare le garanzie a favore dei consumatori del bene della salute". La pronuncia conferma un orientamento pressoché unanime, sancito anche dalle Sezioni Unite, secondo il quale "il fondamento del consenso informato, viene ad essere configurato come elemento strutturale dei contratti di protezione, quali sono quelli che si concludono nel settore sanitario. In questi gli interessi da realizzare attengono alla sfera della salute in senso ampio, di guisa che l'inadempimento del debitore della prestazione di garanzia è idonea a ledere diritti inviolabili della persona cagionando anche pregiudizi non patrimoniali" (Cass. SS.UU. n. XXXXX/XXXX). Ripercorrendo la stessa ragion d'essere del consenso informato, la terza sezione civile della Cassazione ha affermato che la "finalità dell'informazione che il medico è tenuto a dare è quella di assicurare il diritto all'autodeterminazione del paziente, il quale sarà libero di accettare o rifiutare la prestazione medica" (Cass. n. XXXXX/XXXX). Di conseguenza, "l'acquisizione del consenso informato del paziente, da parte del sanitario, costituisce prestazione altra e diversa rispetto a quella avente ad oggetto l'intervento terapeutico, di talchè l'errata esecuzione di quest'ultimo dà luogo ad un danno suscettibile di ulteriore e autonomo risarcimento rispetto a quello dovuto per la violazione dell'obbligo di informazione, anche in ragione della diversità dei diritti rispettivamente, all'autodeterminazione delle scelte terapeutiche ed all'integrità psicofisica - pregiudicati nelle due differenti ipotesi" (Cass. n. XXXXX/XXXX). Quanto alle modalità dell'informazione, la giurisprudenza ha avuto modo diverse volte di ribadire che la stessa deve sostanziarsi in spiegazioni dettagliate e complete, adeguate al livello culturale del paziente, con l'adozione di un linguaggio che tenga conto del suo stato soggettivo e del bagaglio di conoscenze di cui dispone, in grado di informare sui possibili effetti negativi di una terapia o di un trattamento chirurgico, sulle possibili controindicazioni e sulla gravità degli effetti (Cass. Pen. n. XXXXX/XXXX) non potendo bastare le indicazioni su un modulo prestampato e una firma, ma occorrendo invece un colloquio del medico con il paziente (cfr. ex multis, Cass. n. XXXXX/XXXX). Questa premessa sul consenso era doverosa perchè in materia vanno distinti gli interventi terapeutici da quelli estetici. Nei primi infatti assume un obbligazione di mezzi dove non assicura il risultato o la guarigione al XXX% ma si impegna d usare tutti i mezzi di scienza a sua disposizione. Cosa totalmente opposta in caso di trattamenti estetici dove si assume un obbligo di risultato. Ancora, in tema di responsabilità del professionista l'art. XXXX c.c. dispone che nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia, valutata con riguardo alla natura dell'attività esercitata. L'art. XXXX c.c. precisa poi che nel caso in cui l'esecuzione della prestazione comporti la risoluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni se non in caso di dolo o colpa grave. Mentre tradizionalmente è pacifico che qualsiasi attività medica rientri nelle obbligazioni di mezzi, dal momento che il medico deve fare tutto ciò che è nelle sue facoltà, ma non ha l'obbligo di garantire un risultato finale certo e definitivo (la guarigione non può infatti essere assicurata al XXX%), in ambito di chirurgia estetica la questione assume termini differenti: nei casi in cui la richiesta di operato medico risponde ad interessi prevalentemente estetici del paziente, il chirurgo dovrà garantire un risultato sia anatomo-funzionale che soprattutto estetico. Dottrina e giurisprudenza a lungo hanno dibattuto a riguardo, anche perché dalla differente qualificazione del rapporto deriva un altrettanto diverso onere della prova gravante sul creditore nelle obbligazioni di mezzi ovvero sul prestatore d'opera nelle obbligazioni di risultato. Numerose sono le sentenze a favore dell'inquadramento delle obbligazioni in esame come obbligazioni di risultato: il Tribunale di Modena precisa che "L'odontoiatra incaricato della predisposizione ed applicazione di una protesi contrae una obbligazione di risultato, con la conseguenza che il rischio del lavoro non grava sul paziente…"; ancora il Trib. di Firenze, Sez II Civile, sent. n. XXXX del XX/XX/XXXX paragonava addirittura l'attività dell'odontoiatra a quella di un architetto: "in particolare detta attività si estrinseca in un risultato esterno […] l'attività del dentista può pertanto ricostruirsi anch'essa in termini di risultato e non di mezzi"; e da ultimo la Corte d'Appello di Genova "L'obbligazione assunta dal dentista si inquadra quale obbligazione di risultato[…]; il mancato raggiungimento dello stesso, per erroneità o inadeguatezza (anche colpa lieve) del progetto affidatogli, costituisce inadempimento dell'incarico ad abilita il committente a rifiutare di corrispondere il compenso, avvalendosi dell'eccezione di inadempimento di cui all'art. XXXX c.c.[…]". Tutto ciò premesso, se lei aveva prestato il consenso a un intervento estetico mirato ad alcuni risultati e questi ad oggi non vi sono, si può esperire una causa mirata al risarcimento del danno. Se lei dovesse essere interessato ad impiantare una causa mi contatti. Cordiali saluti.
Risposta del 11/12/2021 14:30
Egr. [rimosso] , ho letto la sua e mail con attenzione. Le alternative sono le seguenti: richiedere il rinnovo del mutuo; esperire un azione di concordato; Motivo la mia risposta seppur, sintetica perchè comunque la società è proprietaria dei garage dai quali potrà ricavare un utile e colmare nel futuro prossimo il gap finanziario, la via del fallimento la terrei come ultima ipotesi. Sconsiglio la costituzione del Fondo Patrimoniale perchè alla luce di questa situazione potrebbe essere additata come uno sviamento del patrimonio e dei crediti esigibili dalla Banca e dalla Ditta. Qualora volesse approfondire possiamo fissare un incontro presso il mio studio legale.
Risposta del 11/12/2021 14:30
Egr. [rimosso] , a seguito della lettura della sua pregiata è opportuno fare alcune premesse. Per poter capire in quale terreno siamo e verso quale direzione possiamo andare dovrei leggere il contratto che Lei ha stipulato con la Banca. Questo perchè: se nel contratto vi è scritto che è possibile una estinzione anticipata la Banca non può sottrarsi (contratto sottoscritto da entrambi Lei e la Banca) se questo non è previsto dal contratto per espresse disposizioni da Lei sottoscritte i margini di soluzione si restringono notevolmente. Ciò detto resto in attesa, qual'ora Lei fosse interessato, di un sua telefonata o e mail. Cordialmente. Dott. P.A. Domenico Tomaselli e mail: [rimosso] call: [rimosso] XXX
Risposta del 11/12/2021 14:30
Egr. [rimosso] , l'atteggiamento da lei descritto potrebbe sfociare in un abbandono del tetto coniugale con conseguenti aspetti civili e penali a carico della usa congiunta. Andiamo per grado: per principio è sempre consigliabile non abbandonare il tetto coniugale in assenza di un provvedimento del giudice se non ci sono validi motivi (ciò al fine di evitare situazioni disastrose, situazioni che si ripercuotono, poi, in sede di separazione o di divorzio), nella maggior parte dei casi, tuttavia, tale consiglio viene disatteso, in quanto nella coppia in crisi tendono a prevalere sentimenti (di rabbia, odio, disprezzo, ecc.) che spingono a lasciare l'abitazione familiare. Prima di esaminare in quali casi è legittimo l'abbandono e quali sono le conseguenze, vediamo di dare una definizione all'espressione “abbandono del tetto coniugale”. Con questa espressione si intende l'allontanamento di un coniuge con o senza figli dalla casa familiare, interrompendo, così, la coabitazione matrimoniale. E' bene ricordare che tra gli obblighi che scaturiscono dal vincolo matrimoniale il nostro legislatore prevede quello della coabitazione. Quindi, la condotta del coniuge che si allontana dal tetto coniugale, senza una “giusta causa”, è sanzionata dal codice civile con il cosiddetto “addebito”. Esistono, però, dei casi in cui l'allontanamento viene considerato legittimo, ovvero in presenza di determinate situazioni: - tutelarsi da condotte violente per la propria incolumità fisica e psichica; - infedeltà; - invadenza dei parenti; - mancanza di intesa sessuale; - comportamento dispotico del coniuge. Il coniuge che abbandona il tetto coniugale deve dimostrare la sussistenza di una delle "giuste cause" elencate, tale da giustificare l'allontanamento. In altri termini, deve provare che l'allontanamento è conseguenza di una preesistente intollerabilità della convivenza e che proprio a causa di tale situazione di intollerabilità, ne è conseguito l'abbandono. In mancanza, dunque, è sempre bene attendere la prima udienza davanti al presidente del tribunale che autorizza i coniugi a vivere separati. Nel suo caso le consiglio di sporgere denuncia alle autorità, in moda da segnalare la cosa, potrebbe anche darsi che la signora si trovi in difficoltà e non riesce a comunicare con lei, le ricordo che anche suo dovere preservare e tutelate sua moglie anche se quest'ultima pare stia avendo un atteggiamento ambiguo. Fatto questo si potrà valutare a seguito di un colloquio un eventuale azione legale. Cordialmente D.T.
Risposta del 11/12/2021 14:30
Egr. sig. [rimosso] la ringrazio per avermi contattato. Mi permetta una considerazione di carattere generale "L'emissione di un assegno privo di copertura può integrare il reato di truffa solo se sia accompagnato da un comportamento del debitore idoneo a indurre il creditore in inganno che riceve il titolo, mediante rassicurazioni sulle proprie intenzioni di pagare, atte ad ingenerare fiducia nella propria solvibilità". Questa considerazione è importante perchè alla luce della riforma e della recente giurisprudenza l'emissione di assegni scoperti non è più reato penale a meno che non sia supportato dall'inganno o da artifici. In tal coso è possibile querelare per truffa. Sul piano pratico, l'assegno è a tutti gli effetti un titolo e per tanto è possibile attraverso una procedura di esecuzione rifarsi sui beni in possesso o nella disponibilità del debitore ( BADI BENE NEI SEI MESI DA QUANDO L'ASSEGNO E' STATO EMESSO, PERCHE' DECORSO QUESTO TERMINE PERDE LA QUALIFICA DI TITOLO ). In questo caso si deve intimare con atto di precetto prima e poi con pignoramento, aperta la fase esecutiva rifarsi sui beni più facilmente aggredibili , conti, pensione ecc. oppure beni immobili. diversamente se sono decorsi i sei mesi si potrà procedere con decreto ingiuntivo per poi andare ad esecuzione. Questo è quanto. Attendo una sua chiamato qualora fosse interessato ad agire. Cordiali saluti.
Risposta del 11/12/2021 14:30
Egr. sig. [rimosso] la ringrazio per avermi contattato. Preliminarmente sarebbe opportuno che io visionassi la documentazione in suo possesso, ma già da una sua prima chiara e analitica descrizione posso darle una risposta di carattere generale. E' frequente, seppur paradossale, che una commissione medica riconosca il XXX % di invalidità ma l'INPS non riconosca l'accompagnamento, in quanto a loro dire, il riconoscimento dell'invalidità non comporta come conseguenza il diritto ( economico assistenziale ) di accompagnamento. Tale assunto è peregrino e certamente contestabile in sede giudiziale davanti al Giudice Ordinario in funzione di giudice di Lavoro e Previdenza. Si ricorre con un atto ai sensi dell'art. XXXbis c.p.c. con ATP ( accertamento tecnico di parte), la nomina del ctu è prodromica a sostenere la tesi che dimostra che il ricorrente non è in grado di compiere le quotidiane attività di vita è per tanto è un suo diritto il riconoscimento dell'indennità di accompagnamento. Le spese del giudizio sono di poco conto, anzi, se sua madre percepisce un reddito inferiore alle XX XXX euro, si può allegare una autocertificazione che la esonera da ulteriori costi. Detto questo mi dica Lei cosa intende fare e in tal caso mi contatti privatamente o mezzo mail: [rimosso] Call: [rimosso] XXX , le dico sin d'ora che su Roma abbiamo dei collaboratori di studio che potrebbero seguirle la causa senza alcun problema. Cordiali saluti.
Risposta del 11/12/2021 14:30
Egr. [rimosso] la ringrazio per avermi contattato, è evidente che nel suo caso ci siano delle anomalie. Si rende necessario tuttavia un colloquio anche telefonico, per meglio approfondire il caso e covunque dovrei prendere prima visione della documentazione medica in suo possesso . Si potrebbe fare ricorso. Attendo sue notizie. Cordialmente Dott.P. Avv. Domenico Tomaselli